giovedì 18 aprile 2013

Capitolo Nove


Vern si tocca la spalla, cercando di nascondere una smorfia che non è di dolore, bensì di disappunto. La ferita non sanguina più né gli fa male. Dubita che sia solo grazie all'effetto del cicatrene e del bendaggio, quindi sa di doversi preoccupare. Sa anche che non deve mostrarsi troppo nervoso, perché i suoi compagni potrebbero decidere di lasciarlo indietro. «Perché dobbiamo infilarci proprio in quella botola?», chiede a Everi, che sta osservando l'incisione sulla medesima.
La Kendal allarga le braccia: «Lascia che ti spieghi. La magia che ha creato questi luoghi, voglio dire, i percorsi di Mamma Oca, è paragonabile a un complesso software che disegna mondi di realtà virtuale.»
«Non vorrai dirmi che siamo in una specie di Second Life», commenta il ladro, perplesso.
«Non proprio. I percorsi sono concreti. Solo il principio che ne regola la formazione è simile al linguaggio informatico.»
«Il che ci dà la conferma che Perrault è una carogna piena di risorse», sottolinea Sequoia, sputando a terra.
«Già», concorda Everi.
«Torniamo alla botola», insiste Vern. «Perché scegliere una deviazione di cui non conosciamo nulla? Non ti bastano i casini che già dobbiamo affrontare?»
«Perché, se per un momento immagini tutte queste tasche dimensionali come lo scenario di un programma informatico...»
«Qua sotto potrebbe esserci un bug di sistema», intuisce finalmente il ladro. «O un livello segreto.» Alza gli occhi su Anna, che se ne sta in un angolo, a fluttuare a pochi centimetri da terra. «Tu non ne sai nulla?»
«Nel mio mondo i percorsi magici di Perrault erano assai numerosi. So per sentito dire che a volte ne distruggeva qualcuno, forse soltanto perché gli veniva a noia. O magari perché smetteva di funzionare secondo il suo volere.»
Jones sbuffa e flette i muscoli. «Basta chiacchierare. Muoviamoci. Una strada vale l'altra, a questo punto. Se abbiamo la possibilità di rovinare la festa al francese, beh, vale la pena sfruttarla.» Detto ciò afferra il moncone di una picca rugginosa, recuperata tra le rovine, e la usa per far leva sulla botola. Non senza una certa fatica riesce a rovesciarla di lato. I quattro si trovano a fissare un buco oscuro da cui si sollevano fili di nebbia biancastra.
Sequoia mugugna. «Non c'è che dire: gli ingressi ai percorsi sono sempre invitanti.» Quindi lancia una rapida occhiata ai compagni e s'infila nel buco con un gesto atletico, scomparendo nelle tenebre.

Vern è l'ultimo a passare, dopo Anna, che si è limitata a fluttuare attraverso l'oscurità. Il ladro si cala nella botola senza provare alcun dolore, nemmeno nel momento in cui mette in movimento la spalla ferita per calarsi di sotto. Si aspetta di cadere malamente, invece i suoi piedi toccano terra dopo un saltello di poco più di un metro.
Si accorge di essere atterrato, non capisce bene da dove, sul pavimento in marmo di un colonnato a pianta quadrata, un edificio aperto ai lati, che dà su un parco ombroso, ben più ordinato e geometrico rispetto al bosco della Bella Addormentata.
Sequoia, Everi e Anna sono lì accanto e si guardano attorno. Vern invece osserva verso l'alto, notando soltanto il tetto in pietra grigia della struttura, forse un tempietto. Non c'è nessuna traccia della botola, niente di niente. Maledice tra sé e sé la lamia, non soltanto per la ferita che gli ha inflitto: nella colluttazione con la creatura ha anche perso gli occhialini incantati di Perrault, che in quell'occasione gli sarebbero tornati utili.
«Dove siamo finiti?», domanda Jones, scendendo per primo i tre gradini dell'edificio.
Il ladro si rivolge alla Bonacieux: «Casper, tu riconosci questo posto?»
«Vorrei che la smettessi di chiamarmi con un nome non mio.»
«Quello che vuoi, ma tu rispondi alla domanda.»
«No, non riconosco questo posto.»
Vern fa una smorfia e raggiunge Sequoia. Il gigante, vedendolo arrivare, si volta e alza di qualche centimetro la spada. «Non venirmi alle spalle.»
«Qual è il tuo problema, Conan? Non vedi che non mi è successo nulla?» Non ancora, aggiunge tra sé e sé. Ma il formicolio che sente lungo tutto il braccio sinistro, partendo dal morso sulla spalla, gli fa temere il peggio.
«È un tempio astrologico», dice Everi, interrompendo il battibecco. La maga è scesa a sua volta e sta osservando i bassorilievi esterni, che rappresentano personificazioni di costellazioni, simboli zodiacali e altri simboli misteriosi.
Vern fa per ribadire quando un rumore lo zittisce. «Avete sentito?»
«Cosa?», gli chiede Sequoia, preoccupato.
Poi tutti se ne rendono conto: ci sono dei cavalli che si stanno avvicinando dal viale che porta dritto al tempio, uno sterrato ben curato, che passa attraverso una lunga fila di olmi.
Jones impreca, poi si rivolge alla Kendal. «Tu come sei messa? Riesci a reggere un altro combattimento?»
Everi annuisce. «Sono stanca e ho la testa che mi scoppia, ma non ti lascerò solo.»
«Che piccioncini», ironizza Vern. «Nessuno però pensa a me, cazzo. Ho perso il mio coltello, sono disarmato.»
Senza dire nulla Jones estrae un pugnale dalla tasca laterale del bergen e lo porge al ladro. È una specie di stocco dalla lama dritta e appuntita, senza particolari fronzoli estetici. A Vern ricorda qualcosa che ha visto al cinema, anni prima di venire a conoscenza del Mondo Nascosto, salvo poi scoprire che armi come quelle a volte hanno una corrispondenza nel reale. O almeno così dicono alcuni testi in possesso al suo ex maestro. «È un pugnale di Megiddo?», domanda a Sequoia.
«Ottimo contro i demoni di qualunque tipo. Andrà benone anche per i mostri di Perrault.»
«E tu come fai ad averne uno?»
Jones gli fa cenno di tacere. Dei cavalieri stanno sbucando nella radura dove si trova il tempio.



Sono in cinque. Montano destrieri scolpiti in legno, ma animati. Si notano i meccanismi che muovono le articolazioni delle zampe, il collo e gli altri muscoli. Portano delle bardature su cui è dipinto un'insegna nobiliare che rappresenta un grifone nero in campo giallo.
I cavalieri non sono meno stravaganti. Indossano delle armature a tre quarti, prive di schinieri e dotate di elmi borgognotta decorati sui guanciali con disegni di ali spiegate. Quattro di loro sono armati con archibugi, sciabole da cavalleria e lance da caccia dalla lama a foglia. Il fatto è, come nota Vern, che non sono umani. Sono creature vegetali, fatte di radici e rami intrecciate, con fili d'erba e foglie al posto dei capelli e bacche violacee come occhi.
Soltanto il quinto cavaliere si distingue. Innanzitutto perché la sua armatura è ancora più elaborata e arricchita da un mantello di raso color ocra. Inoltre è umano, anche se le fattezze che si scorgono dietro il metallo sono orrende. L'uomo ha un occhio molto più grosso dell'altro, il mento prominente, la fronte alta e piatta e un unico ciuffo di capelli neri che sbuca dall'elmo. Come se non bastasse è evidentemente gobbo.
I cinque si fermano a una dozzina di metri dal tempietto. Il loro capo sciorina qualcosa, una domanda, in uno spagnolo talmente strano che Vern non comprende una sola parola.
«Parlate l'inglese?», risponde Everi, sulle difensive.
«Certo che sì», conferma l'uomo, con un accento impeccabile. «Il vostro arrivo era suggerito dalle mie previsioni astrologiche, ma ciò non di meno mi ha stupito. Da tempo nel mio regno non giungono degli estranei. Tra l'altro vedo che con voi viaggia anche una creatura fatta di sol spirito.»
Vern è stupito. Si aspettava un approccio assai più ostile da parte dei cavalieri. Lascia che sia la Kendal a occuparsi di quel primo contatto. Everi stessa sembra perplessa, ma non arretra d'un passo. «Con chi ho l'onore di parlare?»
«Sono il principe Riquet e questo è il mio dominio. Esso appartiene al mondo alchemico creato dal subdolo messer Perrault. I miei cavalieri, come potete vedere, sono golem lignei. Io stesso sono stato coltivato dal diabolico stregone. Mia è infatti la natura di homunculus.»
La rivelazione del principe coglie del tutto impreparati i tre avventurieri e Anna. Everi si chiarisce la voce, alla ricerca di una risposta adeguata. Per prima cosa presenta il gruppo, per ricambiare la cortesia, poi azzarda un interrogativo: «Altezza, dalle sue parole lei pare essersi liberato dal giogo maligno di Perrault. Forse non è nemmeno più al suo servizio. Quel che dico è corretto?»
«Lo è.» Non c'è esitazione nella voce del gobbo.
«Ci avete trovati alla svelta», interloquisce Sequoia, stanco di quei salamelecchi.
«Solo fortuna. Eravamo a caccia.»
«A caccia in un reame posticcio, abitato da creature artificiali?», ironizza Vern.
«Da quanto ho preso il possesso di questo dominio, ho fatto quanto in mio potere per animarlo di vera fauna. Per quanto mi è concesso dalla magia studiata sugli antichi tomi incautamente lasciati qui da Perrault, ho potuto ricreare della semplice vita animale.»
«Quindi è anche lei un alchimista», afferma Everi.
«E anche qualcosa in più», conferma il gobbo. «Ma non abbastanza per fuggire dalla prigione per occupare la quale sono stato messo al mondo.»
Per qualche istante nessuno parla. I cavalieri si limitano a fissare i nuovi arrivati coi loro piccoli occhi neri. Alla fine è Anna a rompere l'imbarazzo. «Principe Riquet, io stessa sono stata schiava dello stregone che ha costruito i percorsi. Ordunque, visto che anche lei si è ribellato all'oscuro volere di messer Perrault, può forse aiutarci a sconfiggerlo definitivamente?»
Negli occhi asimmetrici del gobbo fa capolino uno sguardo intenso. «Lo spero. Vogliate seguirmi a palazzo. Parleremo in modo più civile di tutto questo.»

Di tacito accordo, troppo stanchi per sfidare Riquet e i suoi pretoriani, i quattro seguono i cavalieri attraverso l'elegante parco di quella che pare essere una reggia.
Il principe galoppa in testa, seguito dai golem, senza più parlare. Vern è preoccupato per quell'ennesima deviazione di percorso. Sente che nel suo corpo si sta diffondendo un calore innaturale, che pulsa appena sotto la pelle. È qualcosa che lo fa sentire al contempo più in forma, ma anche terribilmente assetato. Il che conferma i suoi sospetti più cupi. Sa che un mago sufficientemente potente potrebbe curare gli effetti del morso della lamia. Il fatto che Riquet si sia definito alchimista gli dà l'unica, piccola consolazione del trovarsi lì, a passeggiare in quella tasca dimensionale sconosciuta.
«Tutta questa faccenda mi ricorda qualcosa», sussurra Everi mentre camminano. «Una fiaba minore, di quelle non ancora recuperate dalla Disney, ma che non riesco a focalizzare.»
«Consulta Wikipedia», la schernisce Vern, guadagnandosi un'occhiataccia da parte della Kendal.
Sequoia si rivolge ad Anna: «A te questo gobbo aborto di natura non fa proprio venire in mente nulla?»
Il fantasma scuote il capo. «Le creature di Perrault nel mio mondo erano oramai tanto numerose che una semplice damigella come me non poteva conoscerle tutte. L'insegna di codesti cavalieri mi rammenta quella di alcuni casati minori degli Asburgo di Spagna, il che potrebbe confermare la volontà dello stregone di dileggiare i vecchi nemici del Re Sole.»
«Un'informazione che ci aiuta poco», grugnisce Jones.
Quindi tutti si azzittiscono perché dopo una svolta a gomito del viale si vede finalmente la loro meta.



La reggia di Riquet è in stile barocco, a pianta rettangolare, alta tre piani, ricca di finestre che si affacciano su un giardino all'inglese. Nell'ampio spiazzo davanti all'ingresso, lastricato con piastre di granito, è posta una maestosa fontana al cui centro svetta la statua della Dea Artemide, scolpita a cavallo di un cervo.
Un paio di giardinieri stanno potando le siepi perimetrali. Anch'essi sono golem di legno e radici. Nel prato gironzolano pacifici alcuni pavoni, almeno questi reali, che voltano le teste per osservare il corteo che si avvicina.
Riquet ferma i suoi e fa cenno loro di andarsene. I cavalieri deviano verso destra, in direzione di un'ala che pare ospitare le scuderie di palazzo. Il gobbo si rivolge ai suoi ospiti, soffermandosi qualche attimo in più a osservare Everi. «Vogliate accettare la mia ospitalità. Farò preparare un pranzo in vostro onore.»
«Altezza», replica la Kendal, cercando di nascondere la tensione. «Purtroppo la nostra missione richiede una certa urgenza. Non si offenda ma non possiamo fermarci a lungo. La prego di spiegarci come e se può aiutarci a sconfiggere Charles Perrault, oppure di indicarci come tornare nei percorsi di Mamma Oca.»
Per un momento Riquet sembra irritarsi, tanto da muoversi a disagio sulla sella. Quando però parla mostra la consueta educazione. «Capisco benissimo. Allora affretterò i tempi. Entrate a palazzo e discutiamo il da farsi.»
Vern osserva i compagni. Sequoia è nervoso, ma a quanto pare ha deciso di lasciare a Everi ogni decisione. Anna, dal canto suo, si è fatta taciturna e pare quasi svanire alla luce del sole che splende sulla reggia. Il ladro si chiede quanto di quel che hanno attorno è vero e quanto è illusorio. In lontananza, oltre il giardino, il paesaggio campestre dà l'idea di essere dipinto. Si riscuote subito da quei pensieri oziosi. Senza farsi vedere si massaggia il braccio indolenzito e valuta come agire, certo che i suoi compagni stanno facendo la stessa cosa.
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LA SCELTA


  • Volete ascoltare la proposta del principe Riquet attraverso il POV di Everi?
  • Preferite seguire Vern, che con un semplice stratagemma potrebbe lanciarsi nell'esplorazione solitaria della reggia?
  • Oppure pensate che tocchi ad Anna tentare di scoprire da sola i segreti che nasconde il principe Riquet?
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15 commenti:

  1. Noto con piacere che hai deciso di aggiungere un personaggio attivo! Ottimo, allora io dico ANNA,sono curioso di sapere ciò che pensa e come si sente a stare in questo gruppo.

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  2. Dico Anna, vediamo come se la cava.

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  3. No, gli occhialini no! Peccato siano stati persi, erano un item molto sfizioso. :(
    Interessante comunque entrare in un mondo non ostile per una volta, anche se potrebbe esserci del marcio nascosto...

    Non male anche il nuovo metodo di scelta: chi seguire? Io direi Anna: è un personaggio nuovo, sono curioso di vederla in azione in solitaria.

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  4. Vern. Credo che il palazzo nasconda parecchi segreti e che niente sia come appare. Credo anche che Vern non resterà a lungo com'è...

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  5. Eh beh, non possiamo non approfittarne! Voto Anna! :D

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  6. Sono contento che vi piaccia questo nuovo metodo di votazione. Probabilmente ve lo riproporrò in altri capitoli.

    Riguardo ad Anna: qualcuno me l'ha chiesta e io l'ho trasformata da PNG a PG (gerco giocoruolistico) :-)

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  7. dato che è diventata un membro del gruppo, il farta diventare PG era una scelta obbligata... Forse preferivo il metodo di scelta precedente con i 2 punti slegati fra loro, ma anche questo si può usare, ti chiedo solo se ogni tanto puoi riproporre il metodo precedente.

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    1. Ma certo, sicuramente.
      Il vecchio metodo è comunque quello che userò più di frequente, piace molto anche a me ;)

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  8. Credo di aver intuito a quale fiaba di Perrault fai riferimento in questo capitolo :-) Ma non so se vuoi rivelarlo, quindi taccio!
    Ottimo capitolo comunque. E anch'io non perdo l'occasione di sfruttare Anna come prossimo POV :-D

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  9. Anche a me spiace che si siano persi gli occhialini, mannaggia! Erano decisamente utili.

    Comunque, voto ancora Vern - sia perché mi piace un sacco (non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo, ormai!), sia perché spero che trovi qualche libro o qualche intruglio che gli permetta di guarire dal morso della lamia...

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  10. Visto che l'hai aggiunta, non posso perdere occasione per vederla all'opera. Poi, grazie alle sue qualità, non è detto che non riesca a scoprire più di quanto farebbero altri...
    Quindi vai con Anna, e che esplorazione sia! ;)

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  11. E Anna sia, allora! :D

    Giovedì nuovo capitolo ;-)

    PS: Grazie a tutti, come sempre...

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